È sempre sporca la guerra

Severino Dianich da bambino, in Istria, ascoltò Mussolini annunciare l’ingresso nel secondo conflitto mondiale. Da ragazzo si ritrovò tra i profughi che l’Italia guardava con diffidenza. In un momento in cui la violenza bellica investe anche l’Europa e il Mediterraneo, il teologo avverte: «È ignobile l’idea che esista una guerra accettabile. Perché la sua logica non cambia mai, ed è la sopraffazione». Questo dolore l’arte lo ha sempre mostrato (lo raccontiamo nelle pagine successive) e il presepe (che compie otto secoli) lo ha sempre esorcizzato

Dove sono finiti i sogni?

La pandemia e la guerra (meglio: le guerre), le sofferenze economiche delle famiglie, le ferite dell’ambiente, il disprezzo dei diritti (e dei doveri) umani... Se abbiamo sempre immaginato la speranza come «memoria del futuro», come capacità di immaginare il domani, un mondo incerto ci precipita piuttosto in un incubo.

Il giallo «urla», l’arancione è «forte», il rosso «ribolle»

La classificazione delle regioni italiane secondo i diversi livelli di emergenza pandemica suggerisce una riflessione sull’ origine e i significati (compresi i suoi cambiamenti) della nostra tavolozza cromatica: i riferimenti al mondo greco e latino, ma anche a quello indiano, persiano e arabo-mesopotamico. Dove, ad esempio, la nostra espressione colloquiale «come stai?» si rende con «di che colore sei?»