Saul Bellow Il romanziere che viene dal Settecento

In effetti, a guardarli bene, i suoi libri vantano più debiti con la narrativa settecentesca che con quella realista a cui vorrebbero ispirarsi. Lui, proprio come quei geniali pazzoidi precursori, concepisce il romanzo come una performance clownesca. Gli piace fare il saccente, lo spiritoso, il saltimbanco. Apre parentesi e divaga come Henry Fielding e Laurence Sterne; dà conto di improbabili viaggi picareschi come Daniel Defoe; moraleggia e satireggia alla maniera di Jonathan Swift; ha un gusto del malaffare e del libertinaggio che non ha nulla da invidiare ad Antoine François Prévost e a Pierre Ambroise-François Choderlos de Laclos. La verità è che Bellow quando scrive non ha paura di niente

Joël Dicker «Cavalcare la Tigre mi dà coraggio»

Strano ma vero: un autore oggi bestseller con storie intricatissime di 600 pagine non riusciva a scrivere che poche pagine, poi si fermava. «La letteratura russa mi ha insegnato a superare il blocco». A quella è ispirato il racconto che gli ha permesso di affermarsi e che ora torna in libreria, illustrato. «Le serie tv dimostrano che c’è bisogno di romanzi. Che sono meglio»