Caro classico ti stronco…

Sulla scorta di Paul Valéry, mi faccio forza e dico: un classico non è un idolo da venerare; di più: classici non si nasce, si diventa; e poi ancora: un classico non se ne sta polveroso e immusonito ma è qui tra noi, gli capita di invecchiare o ringiovanire, ogni tanto si allontana ma può tornare ad avvicinarsi. Prendete le critiche di Henry James all’«Educazione sentimentale»di Flaubert e quelle di Edmund Wilson a Kafka. Nelle pagine successive, alcuni esempi (clamorosi) di bocciati diventati classici

Le stagioni della nostra paura

Lo Spread ci ha cambiato l’umore, la siccità ci ha allarmato, la crescita demografica mondiale (e, contemporaneamente, la bassa natalità italiana) ci ha demoralizzato, il terrorismo islamista ci ha inquietato...E poi l’ecologia, e il nucleare...E ora il coronavirus, che rischia di trasformare ogni starnuto su un treno in «Cassandra Crossing». Viviamo circondati da una retorica apocalittica che ha inquinato tutti gli spazi di discussione

Albert Camus il marziano

Il 4 gennaio 1960 moriva in un incidente d’auto mai del tutto chiarito lo scrittore francese nato in Algeria. All’appuntamento con il destino arriva provato dalla vita e dal carattere: prima la spaventosa querelle con quel teppista di Sartre e la sua cricca dalla quale sente di essere uscito malconcio; poi il soffocante timore di avere perso il dono; infine il Nobel, un premio che molti giudicano prematuro. Insomma, ecco Camus a poco più di 45 anni: un estraneo e un adolescente assediato da paranoie e complessi