La domanda vera dovrebbe essere: quanta parte dei nuovi soldi immessi nel sistema andrà veramente a sostenere gli investimenti nell’economia reale e i redditi delle famiglie, generando maggiore occupazione?
Chi lavora contro l'integrazione fiscale europea? Le istituzioni centrali che pretendono il rispetto delle condizionalità o i Paesi debitori che rivendicano la propria autonomia senza rinunciare agli aiuti?
Per essere davvero «buona», la scuola italiana richiede profondi cambiamenti, alcuni dei quali riguardano l’organizzazione e la struttura del ciclo scolastico che non sono considerati nell’attuale progetto di riforma.