Il film-profezia di Pasolini, così nel ’63 raccontò l’Italia d’oggi

La visione de "La rabbia", il film-saggio di Pier Paolo Pasolini finalmente ricomposto da Giuseppe Bertolucci, con la Cineteca di Bologna che presiede, nella versione pensata dall'autore, senza l'insensata aggiunta di Giovanni Guareschi, solleva un dubbio terribile. O Pasolini era davvero un profeta oppure l'Italia è tornata indietro di mezzo secolo, ai peggiori anni Cinquanta, tempi gretti, reazionari, impauriti.

La rabbia

Il testo che segue, scritto da Pier Paolo Pasolini, è apparso sul n. 38 del 20 settembre 1962 sulla rivista "Vie nuove", con cui Pasolini collaborava, ed è stato raccolto, insieme ad altri interventi, nel volume Le belle bandiere, a cura di Gian Carlo Ferretti, Editori Riuniti, Roma. Pasolini risponde a un lettore che gli aveva rivolto appunto alcune domande sul film.

Raccontare l’ Italia senza avere paura di sporcarsi le mani

Così come negli scaffali delle librerie, fra lividi pamphlet contro tutto e contro tutti, manualistica sulla seduzione fai-da-te, agiografie di veline e velinari e barzellette sulla castroneria nazionale, da anni ormai campeggia il nucleo "hard-core" di una letteratura "non identificata" che si danna l'anima per afferrare i contorni troppo spesso indecifrabili dell'Italia, il mutamento antropologico del suo presente e le ossessioni del suo eterno e inattaccabile spessore reazionario.