Diventare adulti è difficile per tutti, ma è veramente difficile (e stupendo) quando si trascorre una meravigliosa giovinezza vocazionale con il nostro io diventato, sinceramente, un noi.
Archivio articoli per autore, di: bruni - pagina 36
La fraternità ha mani e piedi
Molte comunità e associazioni entrano in crisi per la crescente distanza che dopo la fondazione si viene a creare tra i fondatori e tutti gli altri membri. Ma è possibile evitarlo
Le grandi ali della vita
Nelle esperienze ideali collettive la vita deve diventare cultura, se si vuole che la novità possa continuare oltre la stagione della sua fondazione.
La nuda libertà degli occhi
L'ideologia rende capaci di vedere cose inesistenti, e poi di convincerci che sono reali. Possiamo sperare di uscirne se tra noi è rimasto almeno un povero capace di dire semplicemente ciò che vede
La forza dei desideri diversi
Non c’è gratuità senza libertà, e non c’è libertà senza la capacità di desiderare liberamente
Il confine tra merito e diseguaglianza
Nel XXI secolo la meritocrazia è diventata la principale legittimazione etica della diseguaglianza. È stato sufficiente cambiarle nome per trasformare la diseguaglianza da un male in un bene, da vizio sociale in virtù individuale e collettiva.
Normale è la via di Damasco
In ogni campo grano e zizzania crescono uno accanto all'altro. La capacità di futuro di una comunità sta nell'evitare l'errore di agire come se il buon grano fosse quello straordinario ed eclatante
Sulle ferite della terra
Come nei terremoti, chi si trova più vicino all’epicentro subisce danni maggiori di chi viveva ai margini del cratere. Le crisi dei capitali narrativi generano molte "vittime" proprio tra coloro che per vocazione e destino sono più vicini e intimi a quella prima grande storia.
Via dalle finte resurrezioni
La gestione del rapporto tra passato, presente e futuro è il cuore della possibilità che una Organizzazione a movente ideale continui a vivere. Un errore da evitare
Far vivere l’albero degli ideali
Le organizzazioni a movente ideale vivono del loro capitale narrativo, creato dalla prima generazione. Il deterioramento è inevitabile se nelle generazioni successive scatta la sindrome parrassitaria