La parola ai nostri ricercatori: Susanna Parravicini – La rivoluzione silenziosa del microcredito nei paesi poveri

Susanna Parravicini in Sudafrica

Grazie al fondo di ricerca Roberto Franceschi assegnatole dalla nostra Fondazione, Susanna Parravicini si è recata in Sudafrica per raccogliere dati sull’efficacia di un innovativo programma di microcredito. Il progetto le ha permesso di approfondire per la sua tesi di laurea la conoscenza di questo prezioso strumento per lo sviluppo economico dei paesi caratterizzati da un’elevata povertà, oltre che di crescere professionalmente

Susanna Parravicini si è da poco laureata in Scienze statistiche ed economiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca con la tesi “Centre Meetings” e “Non Centre Meetings”: l’esperienza-pilota di alcune filiali di SEF in Sudafrica, realizzata recandosi personalmente in Sudafrica a raccogliere i dati necessari grazie a un nostro fondo di ricerca. L’obiettivo del progetto di Susanna era di investigare gli effetti nelle performance di rimborso e risparmio a seguito di importanti cambiamenti nelle regole di partecipazione dei programmi di microcredito sudafricani.

Le abbiamo fatto qualche domanda sulla sua esperienza, proprio mentre sta per scadere il nuovo bando dei fondi di ricerca Roberto Franceschi che, grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo, assegnerà 16.000 euro a laureandi magistrali e dottorandi delle università lombarde per finanziare la raccolta dati su povertà, disuguaglianza e disagio sociale, in Italia e all’estero.

Cara Susanna, come sei venuta a conoscenza dei fondi di Roberto Franceschi e cosa hai provato quando hai saputo di essere tra i vincitori?

Ho saputo del bando per i fondi Roberto Franceschi tramite una professoressa della mia facoltà. Il bando sarebbe scaduto poco tempo dopo e proprio in quel periodo nasceva il progetto di ricerca che ho seguito per la mia tesi di laurea, il quale prevedeva un periodo di missione in Sudafrica. Confesso che vi ho partecipato con poche speranze ma con impegno; appunto per questo quando ho saputo di essere tra i vincitori ero incredula e felice perché il progetto era stato apprezzato e riconosciuto.

Quando hai scoperto il tema del microcredito e come mai ti ha appassionato? Pensi che sia uno strumento efficace per lo sviluppo economico dei paesi caratterizzati da povertà diffusa?

La prima volta che sentii parlare di microcredito fu in quinta superiore, ma non suscitò in me particolare interesse. Ho riscoperto la sua presenza l’anno scorso quando decisi di sviluppare questo argomento nella tesi di laurea. Il microcredito mi ha appassionato perché mi ha fatto scoprire la presenza di un sistema finanziario che prima ignoravo. I poveri non possono accedere al mercato del credito tradizionale, ma non per questo devono rimanere esclusi. Ciò mi ha spinto a voler studiare più da vicino questo settore. Io credo fortemente nella rivoluzione silenziosa che il microcredito sta portando nel mondo. È uno strumento nato e ideato su misura per i paesi caratterizzati da un’elevata povertà, e per questo è lo strumento più efficace per il loro sviluppo economico. Credo che le parole di Yunus (fondatore del primo istituto di microcredito) possano aiutarci a comprendere meglio: “l’essenza dello sviluppo sta nel cambiamento della qualità della vita della frazione più povera della popolazione, una qualità che non va definita solo in base alle dimensioni del paniere dei consumi, ma deve includere anche i progressi nelle condizioni che consentono ai singoli di esprimere il loro potenziale creativo. Questi aspetti sono più importanti di qualsiasi incremento quantitativo del reddito o dei consumi”.

Quali esperienze ti hanno colpito di più durante il soggiorno di ricerca in Sudafrica?

Il soggiorno in Sudafrica è stata in ogni sua parte un’esperienza. Quello che ricorderò maggiormente è la percezione di un paese ancora segnato dalla sua storia con una netta distinzione fra bianchi e neri. Visitare i villaggi e vedere come le donne sudafricane vivono e lavorano è stata l’esperienza che mi ha colpito di più perché ho conosciuto culture diverse dalla mia. La sfida maggiore è stata quella dei trasporti: nella regione dove conducevo le interviste per raccogliere i dati esistono solamente dei mini-bus che partono quando si riempiono, per cui spesso era necessario fare l’auto-stop o aspettare parecchie ore. La concezione del tempo e la scansione dei ritmi giornalieri è totalmente differente dalla nostra.

Pensi che questa esperienza di ricerca all’estero sia stata utile per progettare o realizzare il tuo futuro, dal punto di vista professionale o personale?

L’esperienza in Sudafrica è stata utile al mio futuro professionale perché mi ha dato l’opportunità di condurre una ricerca in un ambiente particolare creando in me un forte spirito di adattamento e capacità di gestire le difficoltà. Per il mio futuro professionale terrò in considerazione le opportunità di lavoro nell’ambito della microfinanza, pur rimanendo aperta ad altre possibilità di lavoro in ambiti diversi.

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